Auto, Bruxelles cambia marcia: biocarburanti avanzati entrano nella revisione delle emissioni climalteranti
La Commissione UE anticipa il riesame sullo stop a benzina e diesel e apre (anche) a e-fuel e biofuel, nel segno della neutralità tecnologica
Non è un cambio di destinazione, ma un cambio di marcia: la Commissione europea apre esplicitamente a e-fuel e biocarburanti “avanzati” nella revisione delle regole CO₂ per auto e furgoni, ribadendo i principi di neutralità tecnologica ed efficienza dei costi. In pratica, l’Unione europea valuta di includere anche carburanti a basso impatto nelle regole di calcolo delle emissioni: oltre all’elettrico, potrebbero quindi rimanere ammessi i motori a combustione o ibridi, purché alimentati con questi carburanti e in grado di rispettare limiti di CO₂ molto severi.. Non è un dietrofront sul target 2035 a 0 g/km, ma una verifica di come i carburanti a emissioni di carbonio basse o nulle, possano accompagnare la transizione.
Per l’Italia può diventare una leva industriale (bioraffinerie e filiere già attive), a patto di mantenere criteri rigorosi di sostenibilità e tracciabilità. Entro fine anno serviranno definizioni chiare, limiti ai volumi e certificazioni, così da evitare greenwashing e dare certezze d’investimento a filiere e costruttori. La strada verso le zero emissioni resta impegnativa, ma il contesto sta cambiando in modo favorevole.
- La svolta di Bruxelles
Via libera ai biocarburanti “avanzati” per le auto e revisione delle regole CO₂ anticipata.
- Perché per l’Italia è un’opportunità industriale
Filiera pronta: bioraffinerie, rete di distribuzione, leadership su bioGPL/bioGNL e un fronte associativo che chiede tempi certi e criteri chiari.
- I nodi da sciogliere entro fine anno
Definizioni, sostenibilità delle materie prime, contabilità delle emissioni e convivenza con il target 2035.
La svolta di Bruxelles
C’è una novità importante lungo il percorso verso il completamento della transizione energetica in Europa: la lettera inviata da Ursula von der Leyen ai leader dei 27, in vista del Consiglio europeo dedicato a competitività e transizione verde, introduce un cambiamento politico e regolatorio di peso. La revisione del regolamento sulle emissioni di CO₂ per auto e furgoni viene anticipata e, nella sua preparazione, la Commissione dichiara di valutare il ruolo dei carburanti a basse e zero emissioni nella traiettoria verso “zero emissioni su strada” oltre il 2030.
Non solo i già citati e-fuel (per i quali Bruxelles aveva promesso linee guida), ma per la prima volta in modo esplicito anche i biocarburanti “avanzati”. Il perimetro resta quello della neutralità tecnologica e dell’efficienza dei costi: non si archivia l’obiettivo di 0 g/km dal 2035 per le nuove immatricolazioni, ma si apre a soluzioni transitorie e — se il processo di riesame lo confermerà — ad aggiustamenti nell’architettura di conformità delle flotte.
Sul piano tecnico, questo significa misurare il contributo reale dei diversi vettori lungo l’intero ciclo di vita (dalla materia prima alla combustione, non solo allo scarico), stabilire soglie e tracciabilità per i feedstock “avanzati” (scarti, residui, rifiuti) e impedire effetti collaterali indesiderati (competizione con usi alimentari, cambi d’uso del suolo, frodi nella catena di fornitura).
In concreto significa ridurre da subito le emissioni dei veicoli che già circolano, senza doverli sostituire tutti. I carburanti avanzati permettono di fare più chilometri con meno impatto anche su auto e furgoni a benzina o diesel, che resteranno in uso ancora a lungo. Il vantaggio è massimo dove i mezzi lavorano tanto — flotte, corrieri, taxi, veicoli aziendali — e in quelle zone dove le colonnine di ricarica sono poche o la rete non è ancora pronta: lì puoi abbassare l’impronta inquinante subito, mentre l’elettrico cresce e si diffonde.
Perché l’Italia ci vede un’opportunità industriale
Per l’Italia l’apertura è più che un segnale politico: è leva di politica industriale. Il Paese dispone di una base produttiva solida, di una rete distributiva capillare e di competenze nei gas liquefatti che rendono già disponibili vettori come bioGPL prodotti da fonti rinnovabili, DME (Dimetil etere ottenuto da biomasse) e bioGNL (biometano liquefatto). Soluzioni che le associazioni di settore indicano come tecnologie “pronte” per ridurre le emissioni nel trasporto leggero e nelle flotte professionali.
Cosa serve alle imprese per trasformare il segnale politico in cantieri? Anzitutto stabilità regolatoria (orizzonti chiari e duraturi), criteri operativi semplici da applicare (per evitare stop-and-go e costi di conformità eccessivi) e finanza abilitante su scala ossia soldi e strumenti finanziari pensati non per un singolo impianto pilota, ma per far crescere rapidamente un’intera filiera. Se questi tasselli si allineano, l’Italia può aumentare i volumi e consolidare la leadership su feedstock complessi (scarti agricoli, oli da cucina esausti, frazioni bioderivate).
I nodi da sciogliere entro fine anno
Il cronoprogramma è ambizioso: servono entro l’anno proposte che non siano annunci ma una cornice applicabile.
- Definizioni e soglie. Che cosa significa davvero “carburante a basse/zero emissioni”? Non basta guardare ai fumi dello scarico: bisogna contare le emissioni dalla produzione all’uso. Servono regole semplici: una soglia minima di CO₂ risparmiata, tracciabilità chiara, controlli indipendenti e sanzioni concrete contro il greenwashing.
- Coerenza con il 2035. L’apertura ai nuovi carburanti non deve diventare una scorciatoia. Bruxelles deve chiarire se e come questi carburanti conteranno per gli obiettivi dei costruttori, quali limiti avranno e quali “crediti” potranno valere. Va anche spiegato come si integrano con il piano sull’elettrico (batterie, colonnine, rete). Obiettivo: non indebolire gli investimenti già avviati su auto elettriche e infrastrutture.
- Disponibilità e costi. La sfida è avere materie prime davvero sostenibili in quantità sufficienti: scarti e residui non bastano per tutto. Servono priorità chiare (impiegarli dove l’elettrico è più difficile: lunghe distanze, mezzi pesanti, aerei) e regole trasparenti su chi può usarne e in che quantità. In parallelo occorre ridurre i costi aumentando i volumi e migliorando i processi produttivi.
- Governance e tempi. Linee guida, atti delegati, schemi di certificazione: il “come” è importante quanto il “cosa”. Per dare certezze a costruttori e filiere servono tempi stretti, consultazioni non rituali con industria e territori e una valutazione d’impatto che misuri gli effetti su occupazione, prezzi, competitività e sicurezza energetica.
In controluce emerge un punto di equilibrio: non è un dietrofront, ma il tentativo di allargare il set di soluzioni dentro una traiettoria climatica che resta stringente. Se l’Europa saprà combinare rigore ambientale e pragmatismo industriale, l’apertura ai biocarburanti “avanzati” potrà accelerare la decarbonizzazione di milioni di chilometri percorsi ogni giorno, senza lasciare indietro segmenti e territori. Il giudizio dipenderà dai dettagli, e dal coraggio di trasformare lettere e conferenze stampa in norme chiare, investimenti reali e risultati misurabili.
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